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Efficacia della ablazione transcatetere della fibrillazione atriale


L’efficacia acuta e a lungo termine dell’ablazione per la fibrillazione atriale non è facile da stabilire per una serie di motivi. Anzitutto l’efficacia di qualsiasi tipo di procedura ablativa è influenzata dalla diversità delle fonti da cui i dati provengono, in particolare: studi clinici multicentrici o da singolo Centro, prospettici o retrospettivi, randomizzati o meno, o indagini di larga estensione.
In ogni caso, i dati presenti in letteratura non sono spesso facilmente confrontabili tra loro per la diversa tecnica ablativa usata, per le diverse caratteristiche dei pazienti sottoposti ad ablazione, per le diverse terapie farmacologiche seguite nel follow-up, per la mancanza di uniformità nelle modalità di valutazione dei risultati in acuto ( es., inducibilità della fibrillazione atriale alla fine della procedura, verifica del isolamento elettrico delle vene polmonari ) e nel lungo termine ( tipo e frequenza dei controlli clinici e di monitoraggio elettrocardiografico ).

Recidive precoci, nel primo periodo dopo l’ablazione ( 15 giorni-3 mesi ), si verificano in una percentuale elevata di casi ( 35-46% ). Queste recidive sono spesso espressione di fenomeni infiammatori transitori dell’atrio e/o di un’incompleta evoluzione cicatriziale delle lesioni create con l’ablazione. Per tale motivo non sono per lo più considerate sinonimo di fallimento e non sono normalmente conteggiate come insuccesso ( periodo blanking ). In effetti, il 30-50% dei pazienti che presentano tali recidive non mostrano poi nel rimanente follow-up ( dopo i primi 3 mesi ) altre recidive aritmiche, pur in assenza di terapia antiaritmica. Comunque, l’uso di farmaci antiaritmici nelle prime settimane dopo ablazione sembra ridurre l’incidenza di queste aritmie atriali precoci e la necessità di cardioversione / ospedalizzazione per il loro trattamento, per cui, se ben tollerato, sarebbe raccomandato. Inoltre, da alcuni dati sembra che una strategia aggressiva con una cardioversione elettrica precoce delle recidive aritmiche ( inferiore a 30 giorni dalla ablazione ) dia un migliore risultato a distanza con una minore incidenza di recidive tardive ( 50 vs 96% ).

Per quanto riguarda l’efficacia a medio e lungo termine, numerosi studi randomizzati e controllati hanno dimostrato la superiorità della ablazione rispetto alla terapia medica nel prevenire le recidive di fibrillazione atriale a 6-12 mesi. Anche studi di meta-analisi hanno confermato questo dato. In particolare, secondo una recente revisione della letteratura una singola procedura di ablazione previene recidive di fibrillazione atriale nel 57% dei pazienti, mentre procedure ripetute e l’associazione con la terapia antiaritmica alzano la percentuale di successo al 77%.
Un’altra meta-analisi di studi randomizzati di confronto tra l’ablazione e la terapia antiaritmica ha dimostrato una chiara superiorità della ablazione sia in termini di libertà dalla fibrillazione atriale a 12 mesi ( 77 vs 29% ) che di ospedalizzazioni per cause cardiovascolari ( 14 vs 93% per anno ).
Dati simili sono stati riportati in una recente indagine mondiale, nella quale sono state analizzate 20.825 procedure ablative eseguite in 16.309 pazienti. Durante un follow-up medio di 18 mesi, il 70% dei pazienti era asintomatico in assenza di terapia antiaritmica, e un altro 10% rimaneva asintomatico con una terapia antiaritmica inefficace prima dell’ablazione.

La probabilità di successo della ablazione transcatetere dipende, tuttavia, dal tipo di fibrillazione atriale. Nella fibrillazione atriale parossistica il solo isolamento segmentale o antrale delle vene polmonari garantisce libertà da recidive dopo una o due procedure sino al 90% dei casi. Nella fibrillazione atriale persistente la sola eliminazione dei trigger mediante isolamento delle vene polmonari presenta risultati più modesti, con percentuali di successo, durante un follow-up a 18 mesi, del 65%, in assenza di terapia antiaritmica, e del 75%, in presenza di terapia antiaritmica. Per tale motivo spesso è necessario associare lesioni lineari e la ablazione dei CAFE in atrio sinistro e destro.
Ancora più modesta è l’efficacia nella fibrillazione atriale persistente di lunga durata ( maggiore di 12 mesi ), ove discreti risultati ( 38-62% di successo ) si ottengono solo con un approccio a scalini al prezzo di molteplici ed impegnative procedure.

Nonostante la ablazione transcatetere causi una perdita del 20-30% del tessuto atriale, la maggior parte degli studi clinici hanno evidenziato, a distanza di 3 mesi o più dalla procedura, un recupero della contrattilità e della funzione e una riduzione dei diametri e dei volumi atriali, probabilmente come espressione di un rimodellamento inverso secondario al ripristino e mantenimento del ritmo sinusale. Tale evoluzione favorevole sembra indipendente dal tipo di fibrillazione atriale ( parossistica, persistente o persistente di lunga durata ).

Gran parte degli studi presenti in letteratura riguardano pazienti di età inferiore a 65 anni. La fragilità del paziente anziano lascia prevedere un aumento dei rischi e una minor efficacia dell’ablazione. Tuttavia, in letteratura troviamo alcune segnalazioni che confortano circa la sicurezza e la efficacia della ablazione della fibrillazione atriale anche in pazienti settuagenari.

L’effetto della ablazione della fibrillazione atriale in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra è stato preso in considerazione in diversi studi. Nell’insieme questi studi hanno mostrato che la ablazione determina un miglioramento della qualità di vita e della funzione ventricolare sinistra, anche se sono necessari studi di maggiore numerosità per valutare esattamente quanto questo sia dovuto al ripristino del ritmo sinusale e quanto al controllo della frequenza cardiaca.

Anche nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica i risultati a medio e lungo termine della ablazione transcatetere sono meno brillanti che nella popolazione generale, anche se recentemente la efficacia è risultata soddisfacente in pazienti giovani e con atrio sinistro ancora di piccole dimensioni.

Ancora poco chiaro è quanto possa durare la efficacia della ablazione transcatetere. Infatti, la maggior parte degli studi pubblicati sino ad ora riportano dati acquisiti durante il follow-up di durata non-superiore ai 12 mesi. Pochi studi hanno valutato la persistenza dei risultati della ablazione dopo il primo anno, rilevando che anche una ablazione efficace dopo i primi 12 mesi non garantisce un successo permanente. La ripetizione della ablazione transcatetere può, tuttavia, prolungare il successo clinico della procedura. ( Xagena2011 )

Lineeguida AIAC 2010 per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale, G Ital Cardiol, 2011


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