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Associazione tra dose di Edoxaban, concentrazione, attività anti-fattore Xa ed esiti


Sono stati sviluppati nuovi anticoagulanti orali per la prevenzione dell'ictus nella fibrillazione atriale per essere dati in dosi fisse, senza la necessità del monitoraggio di routine che ha ostacolato l'uso e l'accettazione degli antagonisti della vitamina K.
Tuttavia è emersa la preoccupazione relativa alla misurazione della concentrazione di farmaco o attività anticoagulante, che potrebbe essere necessaria per evitare concentrazioni di farmaco in eccesso che aumentano significativamente il rischio emorragico.

Nello studio ENGAGE AF-TIMI 48, una dose più alta e una più bassa di Edoxaban ( Lixiana ) sono state confrontate con Warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale.
Ogni regime ha incorporato una riduzione della dose del 50% nei pazienti con caratteristiche cliniche note per aumentare l'esposizione a Edoxaban.
Si è valutato se l'aggiustamento della dose di Edoxaban in questo studio abbia impedito una concentrazione del farmaco in eccesso e il rischio di episodi di sanguinamento.

Sono stati analizzati i dati dello studio randomizzato in doppio cieco ENGAGE AF-TIMI 48.
Sono state correlate la dose di Edoxaban, la concentrazione plasmatica, e l’attività anti-Fattore Xa ( Fxa ) e sono state confrontate efficacia e sicurezza del Warfarin ( Coumadin ) stratificando per la riduzione della dose.

I pazienti con fibrillazione atriale e a moderato e alto rischio di ictus sono stati randomizzati a ricevere Warfarin, dose regolata a un rapporto internazionale normalizzato ( INR ) di 2.0-3.0, Edoxaban a dose maggiore ( 60 mg una volta al giorno ), o Edoxaban a dosaggio inferiore ( 30 mg una volta al giorno ).

Per mantenere l’effetto simulato, finti valori di INR sono stati generati per i pazienti assegnati a Edoxaban.

Le dosi di Edoxaban ( oppure placebo-Edoxaban nel gruppo Warfarin ) sono state dimezzate alla randomizzazione o durante lo studio se i pazienti avevano clearance della creatinina 30-50 ml/min, peso corporeo di 60 kg o meno, o trattamento concomitante con interazione P-glicoproteina potente.

Gli esiti di efficacia hanno incluso l'endpoint primario di ictus per tutte le cause o embolia sistemica, ictus ischemico, e mortalità per tutte le cause.
Gli esiti di sicurezza hanno incluso l'endpoint primario di sicurezza di sanguinamento maggiore, emorragia fatale, emorragia intracranica, e sanguinamento gastrointestinale.

Tra il 2008 e il 2010, sono stati reclutati 21.105 pazienti.

I pazienti che hanno incontrato i criteri clinici per la riduzione della dose al momento della randomizzazione ( n=5.356 ) avevano tassi più elevati di ictus, sanguinamento e morte rispetto a coloro che non hanno avuto una riduzione della dose ( n=15.749 ).

La dose di Edoxaban variava da 15 a 60 mg, con conseguente gradiente di esposizione al farmaco di due o tre volte ( 16.0-48.5 ng/ml in 6.780 pazienti con dati disponibili ) e media a valle attività anti-FXa ( 0.35-0.85 UI/ml in 2.865 pazienti ).

La riduzione della dose ha diminuito l’esposizione media del 29% ( da 48.5 a 34.6 ng/ml ) e 35% ( da 24.5 a 16.0 ng/ml ) e la media attività anti-FXa del 25% ( da 0.85 a 0.64 UI/ml ) e del 20% ( da 0.44 a 0.35 UI/ml ) nei regimi ad alto dosaggio e basso dosaggio, rispettivamente.

Nonostante la più bassa attività anti-FXa, la riduzione della dose ha preservato l'efficacia di Edoxaban rispetto a Warfarin ( ictus o evento embolico sistemico: dose maggiore P interazione=0.85, dose minore P interazione=0.99 ) e ha fornito anche una maggiore sicurezza ( emorragia maggiore: dose più alta P interazione 0.02, dose più bassa P interazione=0.002 ).

Questi risultati hanno convalidato la strategia secondo cui adattare la dose di Edoxaban sulla base di fattori clinici da soli realizzi il duplice scopo di prevenire concentrazioni di farmaco in eccesso e aiuti ad ottimizzare il rischio di eventi ischemici ed emorragici e ha dimostrato che la finestra terapeutica per Edoxaban è più stretta per il sanguinamento maggiore rispetto al tromboembolismo. ( Xagena2015 )

Ruff CT et al, Lancet 2015;385:2288-2295

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